Roma, 9 febbraio 2021 – Ogni anno in Italia si registrano in totale oltre 77mila nuovi casi di tumori urologici. La gestione dei pazienti deve sempre di più essere multidisciplinare e multiprofessionale prevedendo la collaborazione tra i diversi specialisti. Per questo, per la prima volta nel nostro Paese, sette società scientifiche si sono unite per stabilire come deve essere costruita e come deve funzionare la “squadra” che assiste un malato. Il progetto si chiama TMD (Team Multidisciplinare Uro-Oncologico) e oggi sono presentati in un webinar i risultati prodotti da cinque anni di lavoro. I responsabili delle Società Scientifiche hanno consegnato a AGENAS, Ministero della Salute, Conferenza Stato-Regioni e Istituto Superiore di Sanità i documenti tecnico-scientifici che illustrano gli standard e i requisiti minimi che devono avere i Team Multidisciplinari. Per i vari sottotipi di patologia sono poi stabilite le figure professionali che devono lavorare all’interno di queste squadre, il ruolo specifico che devono svolgere e quali conoscenze ed abilità devono possedere. L’obiettivo è agevolare la creazione di team in tutta Italia e stimolare, al tempo stesso, un processo culturale di confronto e condivisione che coinvolga anche i pazienti e le loro associazioni. Il progetto TDM è promosso dall’AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), AIRB (Associazione Italiana di Radiobiologia), AIRO (Associazione Italiana Radioterapia ed Oncologia Clinica oncologica), AURO (Associazione Urologi Italiani), CIPOMO (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri), SIU (Società Italiana di Urologia) e SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica).
“I tumori urologici rappresentano il 20% delle diagnosi di cancro nel nostro Paese – afferma Giario Conti, Coordinatore Nazionale del Progetto TMD -. Si registrano continui miglioramenti nei tassi di sopravvivenza dove abbiamo dati migliori rispetto alla media europea. Tuttavia l’incidenza risulta in costante crescita e spesso dobbiamo affrontare casi gravi di carcinoma della prostata, del rene, della vescica o del testicolo. Siamo profondamente convinti che sia necessario affrontarli con un approccio multidisciplinare perché questo ci consente di ottimizzare l’uso delle risorse, favorire l’appropriatezza diagnostica e terapeutica-osservazionale, rendere maggiormente accessibili le cure disponibili e migliorare la qualità di vita e la compliance dei pazienti alle terapie e al follow-up”. “Il 38% delle neoplasie urologiche subisce variazioni nella diagnosi o nella terapia se viene gestita da un team rispetto a quando è affrontata da un singolo specialista – prosegue Giordano Beretta, Presidente AIOM -. Abbiamo perciò stabilito, di comune accordo, le regole per la presa in carico e la gestione del paziente da parte di gruppi collegiali di professionisti. Fondamentale deve essere l’individuazione di precisi Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (o PTDA) per ogni patologia. Attualmente invece solo il 16% delle strutture sanitarie oncologiche italiane possiede dei PTDA per il tumore della prostata”. “E’ un dato negativo che evidenzia le disomogeneità della nostra sanità – aggiunge Livio Blasi, Presidente CIPOMO -. Non solo i PTDA non sono presenti su tutto il territorio nazionale ma risultano spesso completamente diversi pur riguardando le medesime malattie oncologiche. E’ una situazione che vogliamo cambiare anche grazie all’aiuto delle istituzioni nazionali e locali. Per i PTDA abbiamo perciò creato delle “road map” comuni sulle quali poi costruire i vari percorsi che dovranno, per forza, tenere conto delle esigenze e delle risorse disponibili nelle singole regioni o nei vari centri di riferimento attivi in una determinata zona”. “I PTDA andranno poi costantemente aggiornati in base ai risultati che sono stati ottenuti – sottolinea Alberto Lapini, Presidente SIUrO -. Sono percorsi complessi da costruire e soprattutto da rendere effettivamente operativi. Necessitano di una metodologia che deve essere definita a priori. Permettono però di ottenere degli indubbi vantaggi in primis in termini di qualità d’assistenza. Inoltre consentono di ridurre costi indotti da esami o terapie inutili”. “Abbiamo individuato i volumi minimi che ogni TDM deve poter riuscire a gestire per ogni singola patologia – sostiene Roberta Gunelli, Presidente AURO -. Per quanto riguarda il tumore alla prostata, per esempio, sono necessari oltre 100 nuovi casi l’anno mentre per il carcinoma alla vescica muscolo-invasivo sono invece almeno 40 nuovi casi l’anno. Solo così si può avere il giusto expertise per trattare malattie spesso complesse. Gli ospedali italiani stanno vivendo un momento molto difficile a causa della pandemia da Covid-19. L’assistenza ai pazienti uro-oncologici però deve proseguire ottimizzando le risorse, il personale medico-sanitario e le tecnologie disponibili”.
Il progetto TDM è stato avviato nel 2015 e ha previsto in questi anni: Consensus, incontri regionali, documenti intersocietari e la pubblicazione di articoli scientifici su riviste internazionali. “E’ un progetto ambizioso che però è riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati grazie alla prolifica collaborazione tra le Società Scientifiche – sottolinea Giuseppe Carrieri, responsabile dell’Ufficio Educazionale SIU -. Abbiamo messo al centro di tutte le nostre iniziative l’interesse dei malati. Oggi otto pazienti su dieci riescono a sconfiggere un tumore urologico e possono ritornare ad avere una vita normale. Quindi la scelta delle terapie deve tenere conto anche della preservazione della funzionalità sessuale. E’ un esempio pratico di come sia assolutamente necessaria la gestione multidisciplinare”. In uro-oncologia un ruolo di crescente importanza è quello svolto dalla radioterapia e radiobiologia – concludono Vittorio Donato e Stefano Pergolizzi, Presidenti di AIRO e AIRB -. Grazie alle nuove tecnologie a disposizione e agli sforzi della ricerca clinica oggi possiamo erogare trattamenti personalizzati contro i tumori solidi, specialmente quelli urologici. Difatti è ormai possibile effettuare la radioterapia con intento curativo in sicurezza ed impostare i trattamenti radioterapici sempre di più sulle caratteristiche biologiche e genomiche del paziente. Sono tutte terapie formidabili ma è necessario che vengano utilizzate nel modo giusto e solo un adeguato team di specialisti ne può garantire il corretto approccio multidisciplinare. Fin dall’inizio abbiamo creduto nell’innovativo e non più rinviabile progetto del TDM e siamo riusciti a dare il nostro contributo nella stesura dei documenti scientifici presentati alle istituzioni sanitarie competenti”.