17 giugno 2021 – Più della metà dei pazienti colpiti da tumore del rene riesce a sconfiggere la malattia se questa viene diagnosticata precocemente. Attualmente in Italia ogni anno oltre 4.000 casi sono individuati in fase avanzata o metastatica, cioè quando viene meno la possibilità di guarigione, ma fortunatamente non di cura e di lungo sopravvivenza. Preoccupa anche la poca consapevolezza su una forma di cancro che però risulta in crescita in tutto il mondo. Solo nel nostro Paese, i malati sono in totale oltre 144mila e di questi la grande maggioranza accusa gravi problemi psico-fisici. Tuttavia, solo un paziente su due riesce ad affrontare i propri disagi con familiari, amici o operatori sanitari, vivendo la patologia in solitudine, così come denunciati dalle associazioni, in occasione della Giornata Mondiale contro il tumore del rene che si celebra oggi. L’evento è promosso dall’International Kidney Cancer Coalition (IKCC), rete internazionale e indipendente di associazioni di pazienti provenienti da quasi 45 Paesi diversi. Il titolo della Giornata quest’anno è ‘We need to talk about how we’re feeling’, ovvero ‘Abbiamo bisogno di parlare di quello che stiamo vivendo’. “Il carcinoma renale è una neoplasia scarsamente conosciuta in Italia e di cui si parla ancora troppo poco – afferma Silvia Stangalini, Presidente e fondatrice di ANTURE, Associazione Nazionale tumore del rene che oggi ha organizzato una conferenza stampa virtuale, grazie al sostegno non condizionato di Ipsen -. Eppure ogni anno questa neoplasia fa registrare 13.500 nuovi casi, mentre i decessi ammontano a più di 4.900. Va pertanto promossa un’adeguata informazione tra l’intera popolazione e quindi ben vengano le iniziative, come la Giornata Mondiale, che hanno il merito di accendere i riflettori sulla patologia. E’ questo l’obiettivo che si pone la nostra giovane associazione. Il tumore del rene è una neoplasia un po’ particolare perché, per esempio, non viene quasi mai contrastata con la chemio o la radioterapia. Il paziente quindi è spesso sconvolto dal fatto che non riceverà cure antitumorali ‘“tradizionali’”. Sono comunque disponibili numerosi trattamenti efficaci, che possono però determinare effetti collaterali come stanchezza, disturbi intestinali, debolezza muscolare e insonnia. Non bisogna perciò lasciare solo i malati che devono riuscire a comunicare il più possibile con medici e caregiver ricorrendo, se necessario, anche ad un supporto psicologico con specialisti opportunamente formati. Nell’ultimo anno la pandemia da Covid-19 ha reso più difficile all’accesso a questi servizi sanitari e ciò ha ulteriormente complicato la vita dei malati”.
“A partire dagli anni 90 i tassi di sopravvivenza nel carcinoma renale sono in costante aumento – aggiunge il prof. Giuseppe Procopio, Responsabile dell’Unità di Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. In Italia la sopravvivenza a cinque anni si attesta al 71%. Un importante motivo di questo successo è da ricercare nell’introduzione e nel ricorso alle terapie target innovative per la fase avanzata. Le diagnosi precoci sono ancora molto difficili da ottenere. Infatti, sei casi su dieci sono individuati accidentalmente come conseguenza dell’impiego sempre maggiore della diagnostica per immagini per altre malattie che nulla hanno a che fare con l’oncologia. E’ fondamentale poter avere nel nostro armamentario nuove terapie efficaci contro una neoplasia che può essere molto insidiosa. Si calcola che circa un paziente su tre, sottoposto a chirurgia radicale per una neoplasia confinata all’organo, svilupperà delle metastasi nel corso della vita”.
Il tumore del rene ogni anno fa registrare a livello mondiale più di 430mila nuovi casi e 179mila decessi. “In Italia, così come nel resto dei paesi occidentali, al momento non sono attivi programmi di screening istituzionali – sottolinea Camillo Porta, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Aldo Moro di Bari e Direttore della Divisione di Oncologia Medica del Policlinico di Bari -. Inoltre, non sono stati ancora validati marker tumorali specifici prognostici o predittivi di risposta. La prevenzione della neoplasia è principalmente primaria e quindi bisogna riuscire ad intervenire sui comportamenti individuali. Grazie agli stili di vita sani possiamo evitare fino al 43% dei decessi tra gli uomini e il 31% di quelli tra le donne. Risultano pericolosi fattori di rischio come il fumo, l’abuso di alcol, l’eccesso di peso, una nutrizione scorretta e l’attività fisica. Alle sigarette è riconducibile il 29% dei decessi tra gli uomini mentre il 23% delle morti tra le donne è causato dai chili di troppo. Infine non va dimenticato anche il ruolo nefasto che può svolgere l’ipertensione arteriosa a cui è associato un incremento del 60% delle probabilità d’insorgenza del tumore. Si tratta di un problema di salute molto diffuso e che colpisce il 32% degli italiani, soprattutto in età avanzata. Per tutti questi motivi riteniamo necessarie campagne di informazione e sensibilizzazione specifiche che devono essere al più presto avviate anche nel nostro Paese”.
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