13, ottobre 2023 – Le strutture sanitarie private sono indietro per la diffusione della telemedicina. Il 58%, infatti, ha dichiarato di non svolgere servizi di cura del paziente a distanza e di non essere interessata a offrirli nel prossimo futuro, a fronte di solo un 13% che ha dichiarato di fare telemedicina e di voler continuare a sviluppare la propria offerta. I dati emergono dai risultati della prima “Survey nazionale sulla Telemedicina in ambito ambulatoriale privato” presentati nella sede dell’università Luiss dall’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini insieme con l’Istituto Superiore di Sanità e il fondo sanitario integrativo Fasdac. L’indagine è stata condotta su oltre 300 strutture sanitarie private e private convenzionate con il Ssn distribuite sul territorio nazionale. Indagando le principali cause identificate come ostacoli allo sviluppo della telemedicina dall’indagine emergono: la “complessità organizzativa” (24% dei casi), la “scarsa propensione o collaborazione del personale sanitario” (15%), seguiti dalla “onerosità in termini economici” (9%). Se guardiamo alle sole strutture di grandi dimensioni che erogano più di 50.000 prestazioni ambulatoriali all’anno, la “onerosità in termini economici” diventa il problema più rilevante a pari merito con la “complessità nell’applicazione del regolamento europeo sulla privacy (Gdpr)”, entrambe a quota 17%. La fiducia riposta verso la Telemedicina da parte degli operatori, peraltro, secondo il report dell’Iss è complessivamente “alta” o “medio alta”, attorno al 40% nel caso delle Direzioni generali e Direzioni sanitarie, ma crolla al 27% per chi è “sul campo”, ovvero medici e professioni sanitarie. Ed è al 27% anche la fiducia dei pazienti nella telemedicina, problema cui si aggiunge anche la scarsa familiarità con le tecnologie informatiche (23% dei pazienti). Un altro ostacolo alla diffusione della telemedicina è poi la mancanza di rispetto delle linee guida sulla telemedicina, con il 55% delle strutture che non produce i propri documenti sanitari in maniera conforme alla legge. E all’interno di queste strutture un 47% intende adeguarsi entro l’anno allo standard, ma un altro 40% ancora non conosce le linee-guida. “Per la prima volta – sottolinea Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la Telemedicina-Iss – studiamo la telemedicina nella sanità privata”, acquisendo “conoscenze che dovremo sviluppare per poter promuovere il cambiamento in maniera condivisa”.
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