Roma, 30 novembre 2020 – La capacità del Sars-Cov-2 di infettare è sensibile all’aumento della temperatura ambientale. Così come è stato dimostrato anche per altri virus respiratori: diminuisce col caldo e aumenta col freddo. E’ quanto ha potuto osservare, confermando delle ipotesi già da molti avanzate, un team di ricercatori del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Microbiologi and Infection dell’European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases. Gli esperimenti condotti in vitro hanno dimostrato che innalzando la temperatura fino a 28 gradi centigradi, la temperatura massima prevista per il mese di giugno, la carica virale subisce un drastico decadimento entro le prime 24 ore dall’emissione di droplet infette, mentre per raggiungere gli stessi livelli di decadimento alla temperatura di 20-25 gradi centigradi (considerata la ‘temperatura ambiente’) sono necessari tre giorni. “I nostri dati aiutano a spiegare il perché le condizioni ambientali estive più sfavorevoli per il virus ne abbiano rallentando la diffusione e il contagio – spiega il virologo Fabio Magurano, che ha coordinato lo studio -. Al contrario, l’abbassamento delle temperature permette al virus di resistere di più e nel contempo giustifica una maggiore capacità delle goccioline respiratorie di persistere e diffondersi nell’ambiente, favorendo la diffusione del virus e il contagio”.
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